Letture da bagno, Lifestyle - 29 nov 2024

Alla ricerca del bisogno: viaggio nella storia dei bagni portatili

Oggi - ma potremmo dire anche ieri e domani 😉 - ci imbarchiamo in un’avventura matta: nientemeno che un viaggio nel tempo, alla ricerca delle origini del bagno portatile. Allacciate le cinture!

Ci piace immaginare il nostro viaggiatore nel tempo come un elegante personaggio dal feeling vittoriano, con un elegante completo di velluto, un signorile copricapo e un taccuino per gli appunti rilegato in tessuto damascato sempre a portata di mano. La sua macchina del tempo è - rispondendo ai dettami dello steampunk - un misto tra una concept car elettrica e una vaporella tutta ottoni e legni lucidi, con un sacco di quadranti e lancette. Il nostro uomo si appresta ad un entusiasmante viaggio nel tempo, guidato dal desiderio di scoprire origini e storia del bagno portatile. Sarà un viaggio nel viaggio, perché non dimentichiamo che per quanto originale e stupefacente, quello nel tempo non esula il viaggiatore dalla più primaria delle necessità: la ricerca di un’area attrezzata, di un autogrill - un tempogrill, in questo caso? - o almeno di un angolino nel quale dar sfogo al richiamo della natura. E ora partiamo!

Agli albori del concetto di portabilità

La prima tratta del viaggio è la più lunga, e più pressante è il bisogno che spinge il nostro viaggiatore ad una pausa. È il sesto secolo a.C., e negli edifici manca una stanza da bagno. Dove prende alloggio per la notte, tutto quello che gli propongono è… un vaso di coccio. Già, il “bagno portatile” nasce così, e passerà secoli vagando tra le camere da letto e le aree pubbliche destinate al suo svuotamento. Poco prima di partire, un erudito fa notare al nostro protagonista che gli egizi, ben otto secoli prima, almeno avevano l’accortezza (e lo stile) di camuffare il vaso all’interno di una scatola di legno, che fungeva da seduta. Ma ormai, la destinazione è impostata…

L’età moderna

È il Seicento e in una locanda, al nostro, viene proposto ancora un vaso di ceramica. Poi è il Settecento, e gli viene proposto un altro vaso di ceramica. E ancora è l’Ottocento, e il nostro continua a sentirsi perseguitato da questo oggetto ubiquitario e che, per quanto dipinto e decorato (ora con pregiate anatre cinesi in vernice azzurra), proprio un piacere da usare non è. Nelle case ancora manca l’acqua corrente, lo sciacquone non è ancora diffuso, del bidet non se ne parla se non in poche, illuminate nazioni… e di bagni portatili, nemmeno l’ombra: tutto quello che l’ingegno umano riesce a inventare è una baracca di legno costruita attorno ad un buco nel terreno, da spostare quando è pieno. Che fatica, meglio ripartire.

Niente di nuovo (o quasi) sul fronte occidentale

Tra Prima e Seconda Guerra Mondiale, l’esercito americano realizza non solo che i marinai lontani da casa per mesi possono aver bisogno di un luogo di privacy e svuotamento… ma che quando questi sono ormeggiati, perdono un sacco di tempo nello scendere al porto per usare i bagni lì presenti. Vengono così adattati dei “casotti” in legno e metallo che però, in assenza di liquidi sanificanti, presto diventano piuttosto spiacevoli da usare. Dall’altra parte dell’oceano, in Europa, dal 1924 c’è l’Elsan: un bidone di lamiera con sopra la tavoletta e il coperchio di un water. Comodo da usare, diffusissimo - uno era a disposizione del Gabinetto di Guerra di Winston Churchill - ma scomodo da movimentare una volta pieno. Il nostro viaggiatore nel tempo preferisce tagliare la corda (e non solo per l’aria di guerra che si respira), e puntare la sua macchina verso la fine degli anni Settanta.

L’avo dei nostri bagni portatili

A questo punto, cambia tutto. Il nostro uomo scopre lo Strongbox, il bagno mobile in lana di vetro (un po’ scuro all’interno, in verità) brevettato negli anni Cinquanta da Harvey Heather ma il cui uso inizia a diffondersi solo due decenni dopo; poi del primo liquido a base di formaldeide per l’igienizzazione dei bagni (era anche blu, il che mimetizzava le visuali più spiacevoli); infine, mette la mani sulla maniglia di un Port-o-John, il primo bagno mobile in polietilene, prodotto negli Stati Uniti. Ci siamo quasi…

Benvenuti nell’era del bagno mobile pratico, comodo e funzionale!

Qualcuno di noi se n’è accorto subito: un lampo improvviso, un fumo bianco, e una navicella di ottone e legno è comparsa nel giardino della sede Sebach, in Toscana. Una porticina si è aperta, e un uomo in velluto e cilindro è sceso. Tuttavia, l’eleganza non riusciva a nascondere il passo incerto: quell’uomo aveva bisogno di un bagno! Per fortuna che proprio lì, a due passi dal luogo dell’atterraggio, si trova una promettente cabina rossa con il tetto bianco. L’uomo è parso stupito dal colore evidente e dalle linee precise della cabina, dall’invitante icona sulla maniglia… ed è entrato, chiudendosi la porta alle spalle. E noi solo possiamo immaginare lo stupore di questo viaggiatore che, finalmente libero da brocche maleodoranti e ingombranti casette, può godere di un momento di pace e di comodità. Sì, il suo viaggio è felicemente arrivato al termine, in un mondo in cui i bagni mobili portatili possono essere facilmente noleggiati e posizionati dove più sono utili… e il fruitore non deve pensare a nulla, se non ai suoi bisogni!