In Italia siamo maestri dei cantieri infiniti, dai bagni pubblici alle autostrade. Eppure qualcuno sta cercando di guardare il lato creativo della faccenda
Lo scrittore francese Stendhal ricorda nei suoi diari di un turista britannico che, in visita al Colosseo nel diciottesimo secolo, commentò: “E’ la cosa più bella che ho visto a Roma: quando sarà finito sarà magnifico”. Lasciando da parte per un momento il fatto che probabilmente il turista di cui sopra non fosse proprio un esempio di prontezza intellettuale, è comunque vero che in Italia di cantieri ce ne intendiamo parecchio, tanto che non si capisce esattamente dove finisca l’arte e dove comincino loro: “gli infiniti”.
Un bagno di triste realtà
Basti pensare ad alcuni degli esempi recenti, come la “Città dello Sport” di Tor Vergata a Roma. Si tratta di una struttura sportiva progettata dal super architetto spagnolo Calatrava, che avrebbe dovuto includere un palazzo dello Sport per ospitare 15mila posti, e una piscina per ospitarne altri 8000. Iniziato nel 2005, questo progetto rimane incompiuto e fermo dal 2010. I finanziamenti sono finiti e quelli stanziati sono stati, come dire, gettati nel bagno.
Le opere belle e incompiute d’Italia sono tante. Alcune sono state abbandonate ancora prima di essere state finite, tipo il ponte sullo stretto di Messina. Altre, come la A2 Salerno-Reggio Calabria, agli amici nota come SaRe, sono state terminate dopo anni e anni di fatiche, lacrime, sangue e cantieri aperti e chiusi, spostati, rivisti, misteriosamente scomparsi. Ad oggi, non si contano i cantieri infiniti in Italia che sono ancora attivi. Tra essi, quello per il recupero del ponte Neto sulla statale Jonica, aperto nel 2015, data di chiusura non pervenuta.
Il cantiere infinito è una questione di stile
Ma forse il più famoso e amato cantiere infinito d’Italia è quello del Duomo di Milano, talmente vecchio che a Milano, quando qualcuno ci mette tanto a fare qualcosa, si dice che è lento “come la fabbrica del Duomo”. Ci sono voluti infatti circa 500 anni a finirlo, e le impalcature del cantiere non sono mai del tutto smontate. In un certo senso, il Duomo di Milano è un po’, almeno nel cuore di tutti i milanesi, il cantiere più bello del mondo.
D’altro canto, se in tutta questa confusione c’è un piccolo punto di riscatto è che non ci mancano l’ironia e un fantastico senso artistico, tanto che c’è chi ha suggerito di osservare l'incompiutezza architettonica come fosse uno stile a sé.
Non solo, alcuni artisti italo-francesi ne hanno osservato la bellezza decadente per realizzare un documentario, mentre il fotografo siciliano Angelo Antolino si è ispirato ai cantieri infiniti per realizzare una delle sue ultime serie di scatti.
Che dire, saremo anche una nazione disorganizzata, ma che non si dica che ci manca la fantasia!