Perché si dicono quelle parole che, in bocca ai bambini, procurano loro un sonoro no-no?
Vi siete mai chiesti a chi possa essere venuta per la prima volta l’idea di chiamare cacca la cacca?
Per provare a fare un po’ di chiarezza, abbiamo inviato uno dei nostri collaboratori a scandagliare gli scaffali e i depositi di polverose biblioteche, alla ricerca di informazioni precise.
Biblioteche, sì: perché a leggere i siti dedicati all’etimologia, sembra che l’origine delle parole sia spesso, più che una questione di scienza, qualcosa tipo prima l’uovo o la gallina?
Perché si dice 💩
Argomento spinoso, l’origine di questa parola. Gli esperti la riconducono all’aggettivo greco che indicava le cose “cattive o sporche” - kakos, del quale Aristotele usa una forma per descrivere proprio l’atto che ci interessa - o al latino cloacare, “sporcare”.
Altri latinisti propongono caccabus, una “ciotola o pentolone in terracotta”, che forse veniva usato come pitale… anche se il termine si trova citato soltanto nei testi di cucina. Attenzione alla confusione.
Qualcuno si spinge ancora più lontano nel tempo e nello spazio: sarebbero stati i parlanti della lingua sanscrita a inventare la radice kak-, “letame, sterco”.
Qualche millennio addietro ancora e un nostro super antenato, quando nel bel mezzo di una battuta di caccia al mammuth aveva bisogno di un angolino tranquillo di steppa dove rispondere alla natura, utilizzava il proto-indoeuropeo kakka: il proto-indoeuropeo è la madre di tutte le lingue europee e asiatiche, e parole che suonano come kakka le troviamo in ogni dizionario.
Il nostro, insomma, cercava un modo inequivocabile per far sapere a tutti che non voleva essere disturbato!
Una cosa che ha stupito il nostro inviato? Che un autorevole sito chiuda la dissertazione etimologica con la nota è comunque un termine di uso infantile. Come se questo non gli desse dignità scientifica!
Perché si dice pipì
Questa è facile. In italiano come in francese, la parola nasce dalla ripetizione della prima sillaba del verbo relativo. La parola viene considerata un’onomatopea, un termine eufemistico e anche, quando si riferisce all’organo maschile, un’estensione semantica.
Ma quanto la fanno difficile i linguisti!
Anche la parola inglese risponde a questa etimologia: ecco perché pee è il nome che abbiamo dato ad un nostro bagno mobile.
Il gabinetto: dirlo bene e dirlo male
Sono ancora i pragmatici latini a dare istruzioni chiare per farsi capire. Il punto di partenza è la parola secessus, che all’incirca si può tradurre in “appartato”: l’aggettivo che descrive il luogo in cui si va a fare i propri bisogni.
Il desueto ritirata nasce da qui, così come cesso – che però si è stabilito essere espressione volgare. Come in parte anche latrina, che proviene sempre dalla lingua degli antichi romani: lavatrina era qualunque luogo in cui ci si poteva lavare.
E il gabinetto? Proviene dalla Francia: per i nostri vicini d’Oltralpe, il cabinet – diminutivo di cabine – era una piccola stanza privata. A questo punto, sovrapposto il termine al significato, il dizionario prende due strade diverse: è il luogo in cui si risponde al richiamo della natura, e quello nel quale si riuniscono il capo dello stato e i consiglieri ad esso più vicini per prendere le decisioni importanti.
Che il bagno sia strettamente legato alle sorti dell’umanità, l’abbiamo sempre saputo. Tenetene conto anche voi, quando vi appartate nella ritirata a fare gli atti eufemistici!