Letture da bagno - 04 nov 2024

Quel rapporto così difficile

Oggi parliamo di Trump, di nuovo in lizza per le presidenziali americane, e di una complessa relazione con la stanza da bagno.

Immaginate la scena. Andate a trovare degli amici appena insediatisi nella loro nuova casa e, giustamente, vi lambiccate su quale possa essere il regalo più appropriato, quello che potrebbe risultare più gradito. Avanti veloce, e c’è un dito che preme un campanello. Il campanello è quello della Casa Bianca, il dito è quello del direttore del Guggenheim Museum di New York, e il regalo che questo porta sottobraccio è un cesso d’oro 18 carati del peso di 103 chili.

Trump e l’America

Il fatto è che i coniugi Trump, nel 2017 appena traslocati al 1600 di Pennsylvania Avenue, avevano chiesto in prestito, per la loro camera da letto, un Van Gogh (per la precisione, il quadro Panorama con neve del 1888). Il Guggenheim ha preferito donar loro l’opera del 2016 Lui, America, a firma del nostro Maurizio Cattelan. Il Van Gogh era troppo fragile, mentre Cattelan “avrebbe avuto piacere ad offrire il suo lavoro alla Casa Bianca per un prestito a lungo termine”. Certo, anche il cesso era “estremamente prezioso e alquanto fragile”, ma sarebbe stato corredato da tutte le istruzioni per l’installazione e l’uso. L’opera è stata rifiutata. Ma perché quell’insistenza sulla parola fragile?

È solo una questione di destinazione d’uso

Il fatto è che a Trump è stata mossa l’accusa di aver intasato (più volte) i bagni della Casa Bianca, gettandovi interi documenti fatti a brandelli. Il tycoon ha sempre smentito, accusando a sua volta la giornalista che ne ha parlato di essere - beh, non serve scendere nei dettagli. Poi sono arrivate le foto, e non solo dei bagni presidenziali, ma anche di alcune toilette frequentate da Trump durante dei viaggi. I frammenti di carta - quelli leggibili, per lo meno - confermano la calligrafia presidenziale. Che poi la distruzione “sanitaria” di documenti che dovrebbero essere rigidamente archiviati non sia proprio il massimo, beh: questo è un altro discorso.

Prendersi il proprio tempo

Sulle prime, Donald e Melania non scalpitavano per trasferirsi nella casa presidenziale: pare che la first lady non fosse proprio felice di utilizzare toilette e docce di recente usate da Michelle Obama. Poi il sentiment è cambiato, tanto che Trump ha più e più volte vantato la qualità dei bagni della Casa Bianca. E Ivanka, la rampolla di casa Trump? Strane storie circondano anche lei: pare che lei e il fidanzato abbiano proibito ai membri della scorta di usare uno qualsiasi dei sei bagni disponibili nella loro casa di Washington, il che ha costretto i destinatari dell’editto a usare, nell’ordine, i bagni della vicina casa di Obama, quelli dei ristoranti nella zona, o addirittura dei bagni mobili.

La pressione politica

Troviamo poi i verbali di un incontro di Trump, allora al suo primo mandato, con un’assemblea di piccoli businessman. In un discorso di difficile interpretazione, il presidente porta la testimonianza di vaste aree degli Stati Uniti dove pare mancare la pressione dell’acqua di rubinetti e tubature dei bagni, tanto che - quindi Trump passa ad un sommesso tono confidenziale - “gli americani sono costretti ad azionare lo sciacquone dieci, quindici volte, e non soltanto una.” (Se la pressione e la quantità d’acqua disponibile sono poche, converrebbe rivolgersi Sebach: ormai tutti sanno che gli sciacquoni dei nostri bagni fanno il loro dovere con solo 0,1 litro d’acqua!)

Pronti per la data fatidica?

Un sistema elettorale complicato, almeno visto da noi europei. Un palco sul quale si confrontano una candidata - per la seconda volta nella storia degli Stati Uniti - e un candidato caratteriale, pieno di idiosincrasie, e quantomeno imprevedibile - questo articolo scalfisce soltanto la superficie di un personaggio che è stato capace di diventare virale con un tweet sbagliato (“covfefe”, ricordate?). Manca pochissimo al voto. Preparate i popcorn: sarà uno spettacolo più intenso del mid time show del Super Bowl.