Lifestyle, Sostenibilità - 09 ott 2020

Perché a Imola c'è un koala di plastica alto 6 metri?

Un koala alto 6m realizzato con i pezzi di bagni mobili Sebach dismessi rappresenta il bisogno di parlare del rapporto uomo-natura. Vediamo perchè

C’è chi mette la foga di un centometrista – entrata, prestazione, uscita – e chi si prende il suo tempo, pondera ogni azione, riflette, e magari coglie l’occasione per leggersi un capitolo intero.

È l’eterna lotta degli opposti, e la trovi in ogni espressione dell’animo umano. Tanto che ci puoi classificare le persone: sì, anche nel personalissimo rapporto con la toilette.

Oggi però parliamo di arte.

Dove vogliamo arrivare? A Imola. Più precisamente, al giardino interno degli Istituti superiori Cassiano, IPIA Alberghetti e della Palestra Cavina, per il quale l’associazione Noi Giovani, in occasione dell’ottava edizione di RestART Urban Festival, ha commissionato un lavoro all’artista portoghese Bordalo II (al secolo Artur Bordalo).

Bordalo II e il suo team è arrivato in città. Giusto il tempo di una indaffarata nuvola di scarti plastici, ed ecco materializzarsi un koala alto sei metri, coloratissimo.

  Un bel cambio di marcia rispetto all’edizione 2019 del festival, culminata nella creazione del murales di Eduardo Kobra dedicato ad Ayrton Senna sulla facciata del Mair, il Museo Multimediale dell’Autodromo cittadino.

Ayrton Senna, campione della velocità, contro il koala, simbolo di una natura quanto più placida e lenta possibile.

Perché un koala? Semplice: perché ora il bisogno di parlare del rapporto uomo-natura è stringente. In fondo, il Covid ce l’ha mostrato in modo evidente: l’ambiente risponde alle pressioni eccessive che l’uomo gli impone, e diventa pericoloso per sé stesso, e per noi. Gli occhi del koala, dall’alto della sua rilassata mole, ci dice di calmarci un po’ tutti, e di indirizzare la nostra attenzione all’ambiente.

E poi il koala è fatto di plastica, materiale sovrabbondante e onnipresente… ma che può essere recuperato, riciclato e, perchè no, trasformato in opere d’arte. A noi di Sebach questo concetto piace tanto, e il koala piace ancora di più, dato che la sua pelle è fatta proprio con i pezzi di decine di bagni mobili Sebach dismessi.

Prova a pensarci: il bagno mobile Sebach, realizzato in un materiali riciclabile, che può essere utilizzato per dare forma a nuove “vite”… come il koala, appunto.

Infine, il koala è fratellanza, e diventa legame tra società – quella italiana e quella australiana, per esempio – normalmente lontanissime, eppure avvicinate dall’emergenza e dal lockdown.

Ci lusinga essere parte di questo animale che – racconta Vincenzo Rossi, presidente di Noi Giovani – è già stato adottato dal quartiere, che se ne sente rappresentato. Non solo, continua Vincenzo: molti ex-allievi delle scuole l’hanno visto e si sono inaspettatamente sentiti “turisti per caso”, non immaginando che un luogo che hanno frequentato per molti anni potesse diventare la sede di eventi di questa caratura.

Così grazie al koala tutto rallenta: la frenesia del mondo diventa un’arte che nasce dall’attenzione al recupero, da un’economia circolare, e infine dalla sostenibilità.

Lunga vita al koala, quindi.

Se non lo conosci, il RestART Urban Festival è una manifestazione di street art e arti libere dal respiro internazionale, che si prefigge ogni anno di mappare le zone grigie della città per cercare di valorizzarle, promuovendole agli occhi degli stessi cittadini.

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