Lifestyle - 03 feb 2023

73 anni e non sentirli… anche se dipende a chi lo chiedi

1951: tre interpreti si sfidano per la prima volta sul palco sanremese. Alla 73a edizione possiamo confermare che Sanremo è davvero (sempre) Sanremo.

Perché se è vero che panta rei, tutto scorre e tutto cambia, è vero anche che il Festival per eccellenza sembra provenire direttamente dalla notte dei tempi, destinato a durare per sempre e sempre uguale a sé stesso. Possiamo chiamarlo Effetto Amadeus, in quanto il conduttore di quest’anno “sembra lì da sempre”, eppure è soltanto al suo quarto Festival.

In 73 anni ne abbiamo viste di cose cambiare. Ecco un excursus… in forma di acrostico.

Fama

Più che una celebrazione del bel canto all’italiana, il festival vorrebbe essere un trampolino di lancio. Certo sta all’interprete, alle qualità del pezzo portato in gara e alle contingenze storico-culturali se l’artista riesce davvero a spiccare il volo. Alle volte va molto bene (Nel blu dipinto di blu, con cui Modugno vince il festival nel ’58, diventa la canzone italiana più famosa nel mondo), altre volte no: vedi alla voce Leggenda.

Estremo

Ok le tutine di Achille Lauro, ma la storia della provocazione sul palco dell’Ariston vanta una lunga tradizione. La cosa interessante è che i momenti di rottura potevano nascere per le eccentricità dei cantanti, ma anche per scelte dell’organizzazione che, da fuori, potevano sembrare quantomeno bizzarre.

L’avete mai visto il duetto Chiara Civello – Shaggy?

E Respirare remix, esibizione di gruppo che riuniva Loredana Bertè, Gigi D’Alessio e DJ Fargetta?

Svarioni

Che la critica spesso non la veda giusta, non è un segreto. Uno dei casi più eclatanti risale al 1983: Vita spericolata di un certo Rossi V. si piazza penultima al Festival. Nella stessa settimana, il 45 giri entra nelle classifiche e contribuisce a lanciare il disco Bollicine verso l’Olimpo.

E dato che in quel vinile è contenuta la celebre frase Piccolo, spazio, pubblicità, ne approfittiamo per una comunicazione di servizio: nel caso le toilette dell’Ariston fossero occupate, potrete trovare i bagni Sebach in tutta Sanremo!

Turismo

Perché Sanremo? Semplice: si voleva incrementare la presenza turistica in riviera durante una stagione tradizionalmente fiacca. In realtà, i primi tentativi di un festival nazionale della canzone si erano svolti a Viareggio, ma non avevano funzionato.

Imitazione

Nelle edizioni dei primi anni Ottanta, i cantanti si esibivano in playback. Nell’85 Claudio Baglioni buca lo schermo con un assolo di pianoforte e voce, e dall’anno dopo il playback viene gradualmente abbandonato.

Vessicchio

Dirige il Maestro Beppe Vessicchio. Un mantra, da pronunciare preferibilmente con la voce di Pippo Baudo. Una vera colonna portante: uno di quei personaggi che grazie ad una presenza costante, professionale e gentile, finiscono per accentrare l’affetto incondizionato del pubblico.

Andiamo a vederlo dal vivo?

Perché no? L’abbonamento alle cinque serate costa poco più di 1200 euro in platea, poco meno di 700 euro in galleria. Con 100 euro puoi portare a casa un biglietto in galleria per la singola serata – ma non per la finale (il prezzo triplica).

Leggenda

La leggenda narra che il vincitore di Sanremo non arrivi a conoscere un vero successo commerciale, ma venga come inghiottito dal Triangolo delle Bermuda delle comparsate in televisione, che si traduce in un disseccamento della creatività, e successiva sparizione.

Vi dice nienteFiumi di parole?

Divano

Dovrebbero fornirlo in omaggio con il pagamento del Canone Rai. Dal divano il festival si guarda, si commenta, si sghignazza. Il popolo dei seguaci si divide in quattro categorie:

  • chi non vede l’ora di giudicare ogni singolo outfit,
  • chi pubblica ogni 45 secondi un aggiornamento sui social,
  • chi apprezza il circo, la grandeur, i momenti pathos progettati a tavolino, le serate che si allungano imprevedibili nella notte,
  • chi davvero è qui per la musica.
  • Voi chi siete?

Invidia

Diciamola tutta. Baglioni (vedi alla voce Imitazione) ha sfoggiato le sue innegabili qualità musicali per giustificare il premio che stava ritirando, nientemeno che quello alla Canzone del Secolo. Ecco spiegata la fuga dal playback.

Scandalo

Com’è ovvio – e, dal punto di vista dei media, auspicabile – la kermesse si porta dietro uno strascico di scandali e scandaletti, perfetti per shakerare le acque del gossip. Chi di voi ricorda Rino Gaetano che per primo pronuncia in televisione la parola sesso (era il 1978!), la Berté con il finto pancione, la farfallina di Belen, l’aspirante suicida condotto a ragione da Pippo Baudo, la lite nel backstage della coppia Morgan-Bugo?

Ve ne vengono in mente altri?

Ascolti

Il Festival piace. Tanto che il suo record di share è stato infranto solo due volte: nel 2004 (colpevole il Grande Fratello) e nel 2008 (I Cesaroni).

I Cesaroni?

Nuove promesse

La sezione Nuove promesse è stata inaugurata soltanto nel 1984. A vincere la prima edizione è stato Eros Ramazzotti, canzone Terra promessa. Rileggete quel nome: Eros Ramazzotti, nell’84. Ecco perché, ad oggi, il festival sembra immutabile.

Ridere

Quando le morse di un certo festival inamidato – leggi, fino agli anni Ottanta – si sono sciolte, al Festival sono entrati i comici. Sketch portentosi o scenette fiacche? Non sta a noi a dirlo, fatto sta che tutti ci ricordiamo i momenti difficili (per i conduttori e l’organizzazione): Benigni che appella il papa Wojtilaccio, Beppe Grillo non ancora in odore di politica ma comunque caustico, Troisi al quale viene chiesto in visione il copione e che dichiara «Mi hanno detto che posso parlare di tutto tranne che di religione, politica, terrorismo e terremoto. E allora sono indeciso tra una poesia di Giovanni Pascoli e una di Carducci».

NB Troisi non si presenterà.

Europa

Chi vince il festival può automaticamente rappresentare l’Italia all’Eurovision Song Contest. Non si tratta di un obbligo, però: se il vincitore declina l’invito, la scelta la fa la Rai.

Mostri sacri

Potrete non amare il Festival, ma nel corso della sua storia, qualche perla l’ha regalata anche ai non fan. Tipo nel ’68, quando in gara c’era nientemeno che il gigante Louis Armstrong. Il jazzista, non avendo capito le regole della competizione, è però andato avanti a suonare finché l’ancora in erba Pippo Baudo non gli ha tolto la tromba di bocca.

Oh mio Dio

Emanuele Filiberto che arriva secondo, e l’orchestra che per protesta lancia in aria gli spartiti. I Blur che deridono il playback, ma si arrabbia solo Pippo Baudo. Gli Elio dipinti di argento. Megan Gale in panne di fronte alle chitarre sfasciate dei Placebo che dichiara “La Liguria è bellissima!”. Nek fischiato per una canzone contro l’aborto. Mina in lacrime per una stecca. Spalline che cadono. L’atmosfera che di anno in anno, ma anche di serata in serata e di ora in ora passa da elegante galà a sagra della porchetta, da quartetto d’archi a tamarrata elettronica. Las Ketchup sì, ma Dammi tre parole no.

Dai, festival, non te la prendere: andremo avanti per giorni a sparlare di te, ma in fondo ti vogliamo bene!