Sarà l’estate, saranno i caldi, sarà la speranza di trovare refrigerio in un abbigliamento minimalista: ci è venuto naturale fare il pari con l’articolo del mese scorso sulla storia del bikini.
Magari non ci si pensa, e la storia dell’intimo potrebbe essere erroneamente ridotta al susseguirsi dei manifesti dei brand specializzati che di anno in anno, a un mese da Natale e ben prima del primo giorno d’estate, rivestono le nostre città, e come diceva il Maestro, si sta / come d’autunno / sui cartelloni i manifesti di Intimissimi.
La storia dei modi in cui la specie umana ha provato a proteggere, coprire e decorare le parti intime è invece ricca di date e numeri, di ingegno e ingenuità, di idee riuscite e tentativi fallimentari. Salite con noi nella macchina del tempo, e seguiteci in un viaggio inaspettato.
Nell’antichità
Diversi i popoli, diversi gli usi e costumi. Se in genere nell’antichità il corpo era oggetto di cure e attenzioni, piuttosto vari erano invece i risultati ottenuti nell’evoluzione della biancheria intima.
Così le donne egiziane portavano una “sotto tunica”, mentre i greci, sotto alle tuniche, non portavano niente. Salvo alcuni riferimenti nel mito, dato che sembra che la stessa Venere inventò per Giunone il cestus di cuoio, un corpetto destinato a contenere le divine (e giunoniche) forme.
Più complessi gli usi dei romani, che combinavano fasce e pezze di tessuto per proteggere le parti intime, sostenere i seni cadenti delle donne mature e costruire un po’ di pudicizia durante la pratica di sport e danza. Anche se non sempre la vista altrui era salva: sembra che l’ultimo gesto di Cesare, sotto le coltellate dei congiuranti, sia stato quello di coprirsi le pudenda con la toga.
Nel contempo, i barbari un po’ se ne infischiavano: avendo già scoperto il concetto di pantalone, si ritenevano a posto così, e non portavan mutanda alcune.
Dopo il medioevo
Grazie all’attività dei monaci, che per secoli hanno trascritto antichi manoscritti, l’eredità dei classici è salva: ma al di là dei capisaldi del pensiero occidentale, ecco che viene tramandata anche la parola mutanda, dal gerundio latino mutandae, “cambiarsi”.
Più che di mutande si parla di mutandoni o braghette. Si trattava di un capo fondamentalmente unisex, che però cambiava carattere a seconda di chi lo indossava: pudica copertura per le donne, fondamentale rimedio anti sfregamento per gli uomini che dovevano indossare cotte di maglia e armature.
Tutto l’ego che volete
La braghetta in realtà diventa un capo quasi esclusivamente maschile durante il rinascimento, con una evoluzione: non più sorretta da lacci, ora le sue parti sono cucite tra loro, mentre l’antesignana della patta viene chiusa da laccetti o bottoni. Qui dentro, oltre alle parti anatomiche, gli uomini mettono fazzoletto e monete… e imbottiture sempre più voluminose.
A lanciare la moda è Carlo IX, e dopo di lui c’è un fiorire di protuberanze esagerate, simbolo di virilità. Ringraziateci: ora potete camminare in una pinacoteca rinascimentale perfettamente consci di quello che state vedendo!
E per le donne?
Sono le nobildonne a imbottire… ma per fini pratici, data la diffusione dell’equitazione. I mutandoni però, per alcuni secoli, saranno anche garanzia di una maggiore libertà di movimento.
Quello che ha capito tutto
Luigi XV riceve da Madame Pompadour un paio di mutande rosso porpora come augurio di una notte passionale, capisce tutto ed esclama: un uomo in mutande non sarà mai un eroe.
Sipario (anch’esso rosso porpora).
La cintura di castità
No, non è medievale: tantissime rappresentazioni di mutande di ferro e lucchetti sono soltanto allegoriche, e vogliono perorare la purezza spirituale. Sul concetto si inizia a ragionare soltanto nell’Ottocento, ma per realizzare strumenti di protezione per le donne (contro le violenze) o per gli adolescenti (contro la masturbazione).
Il primo slip
Il primo-primo è del 1913, ma quello che fa il botto è del 1935, e ha un’apertura sul davanti. Esposto a Chicago nella vetrina di un negozio di abbigliamento, se ne vendono 30.000 in tre mesi.
Minimalisti si diventa
Dal ’35 ad oggi, è tutto un togliere. Per superficie – i capi si fanno sempre più mini; per spessore – i tessuti si fanno sempre più trasparenti; per seduzione – si finge di togliere, si prova a togliere, si toglie-e-non-si-toglie, e via così.
Il futuro Cosa ci riserva il futuro? Tra spinte ambientaliste – fast fashion no, tessuti naturali sì – nuove inclusività e sensibilità body positive, l’intimo è e resterà sempre sulla cresta dell’onda. Una cifra su tutte la dice lunga: il fatturato del gruppo Calzedonia per il 2022, che ha superato i 3 miliardi a fronte di una crescita a doppia cifra.
La mutandae degli antichi romani ha fatto strada.