Lifestyle, Sostenibilità - 03 dic 2021

Cinema e lavoro: “Nel bagno delle donne”. Il riscatto sociale inizia dove meno te lo aspetti

Oltre a essere stanza dell’igiene, il bagno può diventare un luogo dove i tabù concedono un po’ di privacy: un rifugio dove ritrovare sé stessi e, oltre al corpo, curare anche la mente.

Non solo letture poco impegnate, smartphone e cruciverba. Negli anni, più di uno studio ha evidenziato come il bagno sia eletto da molti come unico luogo delle nostre abitazioni dove ritrovare pace e silenzio. Un sondaggio del 2019 proposto in Gran Bretagna a mille uomini ha rivelato che per molti il bagno è la stanza dove trovare rifugio. Il quarantacinque per cento degli intervistati ha dichiarato che trovare tempo per sé stessi è sempre più difficile e che il bagno rappresenta l’unica scappatoia per rilassarsi e stare in tranquillità, fare il punto o staccare dal resto del mondo.

Il lockdown, poi, ha acuito la necessità di trovare spazi in casa dove ritrovare la privacy e la toilette sembra essersi riconfermata la stanza adatta. Uno studio su duemila adulti inglesi ha indagato su come il lockdown abbia modificato il nostro rapporto con il bagno: il sessantotto per cento degli intervistati lo ha identificato come “appiglio di sanità mentale” che ha contribuito in modo significativo a migliorare l'umore nel periodo di confinamento.

Che la toilette sia l’ambiente domestico ideale dove ritrovare sé stessi è riconosciuto quasi universalmente e questo assunto sta alla base di due recenti film italiani: Nel bagno delle donne e Toilet.

Nel bagno delle donne: precariato e fragilità umane, tutto in un bagno

Nel bagno delle donne è il film opera prima del regista Marco Castaldi uscito nel 2020. Protagonista è Giacomo Roversi, interpretato da Luca Vecchi dei The pills, trentacinquenne pigro, precario a oltranza e che alla sua età non ha ancora capito cosa vuole. Giacomo ha perso il lavoro da tre settimane, ma non si rassegna allo status di disoccupato: tutte le mattine esce di casa come se dovesse recarsi al lavoro, per nascondere il fallimento alla moglie Anna che, però, lo viene a sapere ugualmente. Così, dopo un'accesa discussione coniugale, Giacomo esce di casa e va al cinema. Quando, per colpa di una chiave difettosa, si ritrova chiuso nel bagno delle donne, il protagonista decide di rimanere lì dentro per un periodo di tempo indeterminato, eleggendo la toilette delle donne sua personale stanza di meditazione.

Il bagno, anche per lui, è il luogo giusto dove fuggire dai propri fallimenti e problemi, ma presto sarà il mondo stesso a bussare alla porta di Giacomo. Nei mesi di autoreclusione, da dietro la porta chiusa del bagno, Giacomo riuscirà a instaurare quel contatto con il mondo esterno che non era mai riuscito ad avere al di fuori: la sua inconsueta vicenda balza all’onore delle cronache, diventa virale online e la sua scelta viene eletta a simbolo di protesta generazionale contro il precariato.

Chiuso in bagno, il protagonista si apre all’ascolto, diventa confessore di giovani e anziani, riallaccia i rapporti con i genitori e riesce anche a guadagnare un po’ di soldi. Insomma, più che una fuga dal mondo esterno, quella di Giacomo si rivela una pausa per riflettere e riprendere le fila della propria vita.

Una clip dal film Toilet © mymovies.it.jpeg

L’introspezione psicologica di Toilet

Un bilancio di vita, quello di Giacomo, che ritroviamo in un altro film italiano prossimo all’uscita e in cui la stanza da bagno è di nuovo protagonista: Toilet. Trasposizione per il grande schermo dell’omonimo spettacolo teatrale scritto dal commediografo Gabriele Pignotta, il film tratta le vicende di Flavio Bretagna, responsabile d’azienda dedito al lavoro che riesce a ottenere l'appuntamento di lavoro più importante della sua vita.

Mentre si reca all’appuntamento, tra telefonate dei clienti, messaggi vocali e chiamate dell'ex-moglie, Flavio sbaglia strada e si ferma in una piccola area di servizio. Costantemente distratto dal telefono, va in bagno, ma quando prova a uscire si rende conto di essere rimasto chiuso dentro. È confinato in un’area di servizio sperduta e non sa neppure dove si trova perché il telefono, da cui è così ossessionato, lo ha abbandonato e il gps non funziona.

Anche qui, come nel film precedente, ritroviamo la dicotomia tra protagonista e mondo esterno, che in questo caso continua ad andare avanti senza di lui: l'opportunità di lavoro che aspettava, il compleanno della figlia con la quale cerca di recuperare il rapporto…

Il tempo passa e presto le domande su come uscire da lì lasceranno il posto a domande molto più profonde sulla condizione umana, all’introspezione psicologica e all’inconscio del protagonistache esige risposte. Il film fa molto ridere, ma anche molto riflettere sulla fretta di tutti i giorni, sulla nostra dipendenza dai cellulari, dai media e dal successo che ci fa perdere di vista le cose e le persone più importanti.

Insomma, un bagno può veramente essere il pretesto per innescare ragionamenti intorno a temi di sostenibilità sociale e ambientale di primaria importanza per il futuro di tutti noi.