La storia racconta chi siamo e da dove veniamo, e quella della carta igienica è degna dei migliori approfondimenti antropologici di Super Quark.
Chi ha inventato la carta igienica?
Quei rotolini soffici e al contempo resistenti non esistono da sempre, anzi: sono un’invenzione relativamente moderna.
Il dibattito su chi sia il reale inventore della carta igienica è aperto. Tradizionalmente l’invenzione si fa risalire al newyorkese Joseph C. Gayetty nel 1850. Lanciata sul mercato con il nome di “Medicated Paper” questa soffice carta era venduta dall’imprenditore come un metodo efficace nella lotta all’effetto irritante dell’inchiostro dei giornali, comunemente usati a quel tempo per la pulizia intima.
Il problema delle irritazioni non fu certo completamente debellato, ma la carta di Gayetty iniziò a comparire sugli scaffali dei drugstore, mentre la pubblicità entrava nelle case delle famiglie al grido di “delicate come una banconota e robuste come un foglio per appunti”.
Come si faceva prima della carta igienica?
L’uomo primitivo si puliva nei ruscelli o con le foglie, gli egizi utilizzavano sabbia intrisa di oli profumati, i vichinghi preferivano gli scarti di lana di pecora, mentre arabi e indiani usavano la mano sinistra (tanto che ancora oggi è un insulto toccare un indiano con questa mano, considerata “impura”).
Nell’antica Roma si usava un tersorium: una sorta di bastone con una spugna all’estremità bagnata di aceto o acqua salata. Gli antichi greci utilizzavano anche i pessoi: piccoli ovali di pietre circolari o frammenti di ceramica rotta.
Nelle Hawaii si prediligevano gusci di noce di cocco, la neve era l’ovvia soluzione degli eschimesi, in Francia si usavano vecchi stracci, pizzi e merletti appesi nei gabinetti ed infine negli Stati Uniti, prima dell’avvento delle fognature, venivano utilizzati i torsoli del mais.
È nel 1700 che si inizia a parlare della carta per usi igienici e, con la nascita dei quotidiani, la stampa rispose anche a questa ingrata funzione… una sorta di riciclo creativo!
Capitolo a parte merita la Cina. Gli studiosi infatti suggeriscono che la carta di canapa trovata nella tomba dell’imperatore Wu Di del II secolo a.C., fosse utilizzata proprio a scopi igienici. Mentre già sul finire del 1300 quella di riso iniziò ad essere prodotta in serie per la famiglia imperiale cinese. Gayetty non sembra quindi aver inventato molto: nel mondo orientale la carta igienica era già largamente in uso.
Sappiamo cosa vi state domandando: “com’è possibile che in occidente sia servito un altro mezzo millennio per scoprirla? Avevamo Da Vinci!” Evidentemente c’erano altre priorità.
Quando si diffuse in Italia la carta igienica?
Solo a partire dagli anni Sessanta. Per incentivarne il consumo di massa, alcuni venditori regalavano con l’acquisto di grandi pacchi un simpatico portacenere di ceramica a forma di wc con la scritta “Tromba di culo, sanità di corpo”.
Che dire? I commercianti ci sapevano fare già allora!
È sempre stata così come la conosciamo?
Lunga, resistente, morbida, profumata, colorata, con fibre di cotone, con cellulosa, trapuntata, a fiori, a nuvole, a doppio velo, extra assorbente, a cinque veli e così via…
Nel 1930 lo slogan della Northern Tissue reclamava a grandi lettere "senza schegge". Lasciamo a voi i commenti.
Il futuro della carta igienica?
La carta igienica è uno dei prodotti meno sostenibili, concausa della deforestazione su larga scala.
Sono ancora poche le aziende produttrici di carta igienica riciclata e il bidet è ancora appannaggio quasi esclusivo del Bel Paese. Nel frattempo, nei paesi orientali (ma da qualche anno si trova anche in Italia), si sta diffondendo l’uso del washlet, un gabinetto con una doccetta integrata.
In attesa di vedere le evoluzioni future, vi diamo un consiglio: a casa o in uno dei nostri Sebach due strappi di carta igienica sono più che sufficienti.