Cosa passa nella testa di un bagno mobile, in un cantiere, nel bel mezzo dell’estate? Il primo dei nostri “Sforzi Letterari” ci ricorda che le parole contano”
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“Oh Anto’, vado un attimo al cesso e arrivo”.
No va beh, a parte il fatto che cesso ci sarai tu e tutti quelli che ancora non te l'hanno detto, io avrei anche un nome. Ma tanto, non interessa a nessuno. Qui tutti vanno, vengono, aprono, sbattono, pisciano se sono fortunato, schiacciano il pedale se sono davvero fortunato, e poi se ne vanno. Come se nulla fosse. E si lamentano pure. L’ultimo esce e fa: “Ammazza che caldo in ‘sto cesso”. Ci credo che fa caldo, Jessica Fletcher, sei in un bagno mobile, in un cantiere edile, al mese di luglio. Cosa pensavi di trovare, l’Islanda?
Mi è venuto un nervoso tale che mi ha fatto andare il vano reflui in ebollizione.
Che poi io sono anche uno che si accontenta abbastanza. Cioè, non sono uno di quelli che “Oddio è finita la carta”, “Oddio questo ieri ha mangiato polenta e morte”. No, io sono un tipo semplice, pratico. 83 kg di Polietilene ad alta densità forgiato da generazioni e generazioni di bagni mobili. Però la gente non mi capisce, perché da fuori sembro un duro, qui con la mia corazza rossa, senza paura di niente. In realtà, dentro, sono veramente sensibile. Io lo avevo detto a papà che volevo fare lettere. In fondo, sono cresciuto in mezzo alla carta. E invece lui no, perché la tradizione, tutti i miei cugini han fatto la stessa cosa, sai che delusione la nonna...
E quindi cesso ci sei te. Si perché io sono stufo di subire, sono stufo di gente che mi tratta come se dessi fastidio. “Oh no, non facciamolo il pic-nic vicino ai bagni chimici”, “No dai la tenda qui no”. Ma basta! Se non si fosse capito, se qua smetto di tirare la baracca voglio proprio vedere come finite voi altri. Ve lo dico io: in un mare di m…! Adesso è inutile che facciate la faccina da coro dell’Antoniano, mi sembra di sentirvi: “Ma come pavla male questo bagno”, “ Senti che pavole”. No, basta!
Mi trattate da cesso, e io vi parlo da cesso.
Ho visto cose che quello che aveva visto cose in Blade Runner non aveva visto niente. Provate voi a farvi un festival intero il mese di Agosto, poi ne parliamo. Provate voi a farvi i campi agricoli quando stanno concimando, poi ne parliamo.
“Si va beh, ma sei abituato” voi direte.
E invece no.
E io vi vedo, quando passate sull’autostrada con i finestrini alzati come se fuori ci fosse l’Armageddon, le vostre facce disgustate, i nasi tappati. Fighetti! Piantatela e pensate a me piantato lì in mezzo senza via di fuga, e come se non bastasse mi ci riempiono anche. “Irrazionale” dite?
Ma io chiudo la porta e qui non entra più nessuno, non so se è chiaro il concetto. Siete voi ad avere bisogno di me, non io di voi. Se avessi seguito l’istinto, avrei aperto un chiringuito sulla spiaggia, tanto lì mangiano solo frutta e bevono cocco, sai che fatica. Invece no. Mettiti al servizio degli altri, m’han detto. Aiutali a rimanere civili, puliti, che già gli ci son voluti 15 milioni di anni per imparare a farla in piedi. “La Missione del Bagno”, l’han chiamata.
Che poi uno ci mette il cuore, ci rimane anche male. Ti fai trovare bello pulito e ordinato, e poi basta un niente per ritrovarsi concio come il palco dei Black Sabbath quando hanno staccato la testa al pipistrello. Che poi forse era un piccione. Ma tergiverso.
“Vado un attimo al cesso”?!
Ma stiamo scherzando?!
Tu o mi chiami col mio nome, o non entri.
“Oh Antonio, ma in ‘sto cantiere non funziona mai niente! Si è bloccata la porta.”
“Che porta?”
“Quella del bagno mobile.”
Vedi che se ti impegni ce la fai? Prego, accomodati.