Alcuni, come il Dan Brown del Codice da Vinci, hanno descritto in vari modi la metafora secondo la quale questa disciplina rappresenta la tela bianca sulla quale Dio ha dipinto la sua creazione.
Noi sicuramente non ci spingiamo verso questi lidi, ma ci piace la snobberia con la quale E. Rutheford si è espresso: la fisica è l’unica vera scienza, gli altri scienziati “stanno solo raccogliendo francobolli”. Se è davvero così potente, vediamo come questa disciplina si applica al più basilare dei bisogni.
PS Non abbiate paura, qui di formule non ve ne sarà neanche l’ombra!
La fisica nel quotidiano
Leggete le biografie dei grandi fisici del passato, e li vedrete impegnati a cambiare il mondo, presi com’erano a sperimentare con le onde radio, a rivoluzionare la scienza medica, a distorcere la struttura stessa dello spazio e del tempo, a sporcarsi le mani con la bomba atomica.
Eppure, una delle più pratiche applicazioni della fisica è lo sciacquone: messo a punto a fine Ottocento, sfrutta le leggi della fisica per ottenere, con una modesta quantità d’acqua, la potenza di un sifone. Quantità che viene resa ancora più modesta dalle innovazioni Sebach: il bagno mobile Top San, ad esempio, utilizza soltanto 0,1 litri d’acqua per utilizzo!
Quando le scienze si contaminano
L’invenzione del sifone come lo conosciamo è attribuita a Thomas Crapper, idraulico e imprenditore londinese. Ora, gli anglofoni tra voi si saranno accorti che in quel cognome è contenuta la parola che descrive “la cosa grossa”.
Etimologia o scherzo del destino? Non ci sbilanciamo, anche perché di etimologia ne abbiamo già parlato qui.
Spoiler: l’idea originaria dello sciacquone non è del nostro Thomas, dato che sugli stessi concetti si sono cimentati in molti, a partire da Leonardo.
Il Teorema di Bernoulli
Lo sanno bene i maschietti, e non ci azzardiamo a descrivere la scena in particolari dettagliati: quello che succede nello stallo, rimane nello stallo.
Fatto sta che l’ottimo Bernoulli si è peritato di tradurre in formula la forza con la quale un liquido passa attraverso un tubo di una data sezione.
Riguardo alle conseguenze per la tavoletta e per le piastrelle del bagno di questo teorema, alcuni scienziati americani, nel 2013, si sono impegnati a capire quali fossero i parametri che determinano la formazione dei famigerati schizzi. In seguito a un complesso esperimento (ha richiesto la copia in stampa 3D di un’uretra maschile, molto liquido colorato, una toilette di vetro e una videocamera in slow motion), è stato dimostrato che non sono l’intensità del getto o la quantità di “prodotto”, a fare danni, ma l’angolo di incidenza tra getto e superficie di impatto.
Bignami di scienza per gli uomini: nel dubbio, meno “verticale” è il getto rispetto al fondo della toilette, meglio è.
La velocità
Avvertenza: non leggete questo paragrafo se avete appena pranzato.
Parlando di pupù, è necessario rivedere una delle poche formule che all’incirca tutti ricordiamo dalle superiori: velocità uguale spazio per tempo.
Un team di scienziati ha esaminato la velocità della defecazione di numerosi animali: cane e gatto, leone e gorilla, rinoceronte ed elefante… e uomo. Tutti impiegano all’incirca lo stesso tempo per fare la loro cosa: ma com’è possibile, date le diverse proporzioni in gioco?
La risposta: dipende dalla lunghezza del prodotto finale, e dal rivestimento dell’intestino, che funge da acceleratore. Più grande è l’animale, più la pressione (e quindi la velocità) è alta.
Tutti gli animali, in definitiva, concludono l’atto in un tempo compreso tra i 5 e i 19 secondi, indipendentemente dalle dimensioni (loro e della pupù).
E gli odori?
Potreste pensare che questo sia dominio della chimica, più che della fisica, ma non è così: la propagazione degli odori pertiene anche alla disciplina della quale stiamo parlando. E se cercate un modo per difendervi da un collega o da un partner particolarmente mefitico, sappiate che… non c’è.
Per spiegare questo fenomeno, sono stati chiamati in causa esoterici teoremi come quello della “passeggiata casuale” e un certo “moto browniano”.
Risultato? Nei limitati volumi di una stanza chiusa, la propagazione è molto veloce. Troppo. Se poi è presente anche una minima corrente d’aria, come quella mossa dalle persone presenti o dal condizionatore in funzione), siete spacciati: la velocità di trasporto può avvicinarsi a quella del suono!