Un bagno mobile si prepara al ponte di Pasqua, ma non ha fatto i conti con il complesso di Edipo.
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Il mio analista mi ha detto che devo essere più positivo. Alla fine dell’ultima seduta mi fa: “Basta con i pensieri negativi, caro Sebach, si goda la vita!”. Io lì per lì avrei voluto sbattere la porta e andarmene. Facile per lui parlare, che con le parcelle che gli sgancio da dieci anni ci si è comprato un panfilo che tiene parcheggiato in Costa Saccente per quando va in vacanza con i suoi amici radical-chic. Poi ci ho pensato su e alla fine ho capito che in fondo aveva ragione. Lavoro troppo, mi sposto continuamente, le donne mi lasciano perché sono sempre occupato. Inutile piangere sul sapone versato, mi sono detto, bisogna cambiare scenario. Così sono tornato in deposito, carico come una molla, e mi sono messo a cercare una vacanzina per Pasqua. Niente di straordinario, un canonico weekend “parto sabato, torno lunedì”. Due giorni solo per me, per cambiare aria, vedere gente nuova. In fondo, sono italiano, e da buon italiano il richiamo della gita fuori porta a Pasquetta è irresistibile. Un pranzo in trattoria, due passi in centro. Ero pronto. Non vedevo l’ora.
Fino a che è suonato il telefono:
“Seba sono la mamma, ci vediamo domenica a pranzo.” Voi non potete capire. Mi è venuto giù il mondo. Io già mi vedevo circondato da turisti giapponesi incantati dalle bellezze dei monumenti, in fila, tutti belli ordinatini, che mi trattavano come un re, magari ci facevamo anche due selfie. E invece no. Perché chiunque abbia detto “Natale con i tuoi, Pasqua con chi vuoi”, non ha mai conosciuto mia madre. 180 kg di cabina modulare cresciuta in Romagna tra spiagge, sagre e feste dell’Unità. Le manca solo il forno incorporato per essere onnipotente. Sarò sfigato, ma io non riesco a dirle di no. Lo confesso, a trent’anni suonati non sono ancora riuscito a impormi. Come quella volta alle elementari in cui tutti i miei compagni sono andati in pizzeria e io mi sono dovuto portare lei appresso perché aveva paura che mi intasassi. Io avrei voluto dirle di non venire, ma non ce l'ho fatta. O quando al liceo si sono rotti i bagni della scuola e io mi sono dato volontario per l’autogestione, e lei ha insistito per venire a farmi compagnia tutta la notte. Avrei voluto sparire dall’imbarazzo. Eppure niente, non una volta che io sia riuscito a mettere dei paletti.
Il mio analista può così insistere nel dire che mi devo emancipare, che tutto dipende dal complesso edipico, che in fondo la mia struttura è abbastanza solida perché io stia in piedi da solo. Io quando me la trovo davanti – o dall’altra parte della cornetta – non ce la faccio.
E poi a Pasqua mi compra sempre la colomba e mi lascia mangiare la crosta con le mandorle.
Quindi cosa ho fatto? Ho chiuso il computer, ho messo da parte i sogni di gloria, e le ho chiesto a che ora.
“A mezzogiorno. E porta le paste, che c’è anche zio Antonio”.
Anche oggi cresco domani.