La Terra sembra enorme e infinitamente varia ma, come vuole il celebre adagio, “il mondo è piccolo”, e cose lontane tra loro condividono, oltre che la stessa casa, gli stessi valori e obiettivi. Oggi, Giornata della Terra, proviamo a collegare due punti apparentemente molto distanti tra loro.
Il primo è la professione dell’agronomo. Se ci pensate, quasi sicuramente vi verrà in mente la figura di un tecnico in vestiti chiari che cammina lungo un campo coltivato valutando stati di crescita, saggiando germogli, prendendo appunti.
Diciamo che lo stereotipo è quello. Poi c’è Stefano Gregoretti, che oltre che agronomo è atleta, ultrarunner ed esploratore. Endurance athlete a tutto tondo, Stefano usa esclusivamente il suo corpo per compiere imprese di ogni genere. Nella sua carriera finora ci sono 44 triathlon in nove anni, sette Iron Man nel solo periodo 2008-2012, le vittorie sulle due distanze della Yukon Arctic (maratona e cento miglia), quella della Gobi March Ultra di Racing The Planet, un secondo posto alla Grand to Grand Ultra, evento che si svolge tra Utah ed Arizona.
Il secondo punto di questo articolo siamo noi, Sebach. Un’azienda che partecipa in prima persona ai mondi che Stefano vive quotidianamente: quello degli eventi sportivi e quello dell’ attenzione alla salute della Terra.
Torniamo a lui. Dal 2012 è passato dalle gare alle imprese estreme, che l’hanno portato a toccare gli ambienti più diversi del Pianeta: ha attraversato di corsa i deserti (Patagonia, Atacama, Namib) e si è cimentato in diverse spedizioni invernali nell’Artico canadese.
La sua ultima sfida si chiama Siberia 105°: la traversata della Siberia invernale in bici. Compiuta con il fido compagno d’avventura Dino Lanzaretti, l’impresa doveva concludersi sulle coste dell’Oceano Artico, in sup, nell’estate 2022. Perché Siberia 105°? Perché in Siberia si conosce la più grande escursione termica tra estate e inverno: 105 gradi, appunto, tra i -67° e i +38° rilevati nella cittadina di Verkhoyansk. Un viaggio che si è compiuto attraverso un panorama da una parte incredibile e dall’altra terribile, testimonianza del cambiamento climatico in corso, con l’aumento dei gas serra che contribuisce a innalzare le temperature delle zone più fredde del globo.
Grande amante della montagna sin da piccolo, durante le spedizioni Stefano ha l’opportunità di vivere l’ambiente circostante in totale comunione con esso. Per farlo serve un mix di esperienza negli ambienti estremi, rispetto per la natura e consapevolezza dei propri limiti: non solo ne va della sopravvivenza dell’atleta, ma è la chiave per un rapporto consapevole con la natura.
Proprio come fa Sebach, che da sempre è impegnata nella ricerca di soluzioni sostenibili, rispettose della natura, consapevoli.
E adesso, lasciamo parlare Stefano.
Intervista a Stefano Gregoretti
È vero che, ancora prima di essere un runner, sei un grande amante della montagna?
Assolutamente sì! Sono un grande amante delle montagne. Tutto è iniziato proprio dall’allenamento fisico necessario per poter godere e gioire della montagna. La prima cosa che ho pensato è stata: “Per poterle attraversare bisogna che il mio fisico sia preparato, così da potermi divertire sempre di più”.
La prima parte di Siberia 105° non si è conclusa completamente perché divenuta troppo rischiosa per la vostra incolumità. La natura è più forte di noi che siamo solo suoi ospiti. Quanto è importante tenerlo sempre a mente?
Quando ci si comporta non da proprietari, ma da ospiti in un determinato ambiente – soprattutto in un ambiente estremo, ma in generale in un ambiente naturale così silenzioso, così candido – ci si muove sempre in punta di piedi. Non bisogna mai forzare perché il minimo sbaglio si paga molto caro e spesso per recuperare quel tipo di sbaglio devi coinvolgere anche altre persone che a loro volta rischierebbero la vita. È importante capire quando non è il caso di continuare, così come è importante avere consapevolezza e mantenere l’equilibrio: il ragionamento che permette di andare avanti o di fermarsi e il cuore, cioè la passione nel fare le cose, devono sempre essere pesati e bilanciati sulla stessa bilancia.
Ci racconti un aneddoto legato alle tue spedizioni?
Una cosa molto particolare che in Siberia mi è mancata: la presenza del signore delle Terre artiche che è l’orso polare e che mi capita spesso di incontrare, invece, nel Canada artico. Mi è mancata quella comunione che si viene ad instaurare con questo essere vivente che sai che ti preda, e quindi le prime tre, quattro notti è difficile dormire. Ma dopo quattro, cinque giorni riesci ad andare così in sintonia con l'ambiente che, non voglio dire che quasi te ne dimentichi, ma lo percepisci come un qualcosa che fa parte di quel tutto. In Siberia, invece, non c'era niente. In generale, quello che mi è mancato sono state le forme di vita naturali: in venti giorni, avrò visto forse tre uccelli e pochissime impronte sulla neve. Era proprio una terra deserta, Marte! Ma questo senso di isolamento è quello che poi ti riempie il cuore, ti fa sentire talmente insignificante rispetto a tutto il resto della natura, che vai ancora più in comunione con essa.
Secondo te, quanto è importante educare le nuove generazioni non solo al rispetto, ma anche al contatto diretto con la natura?
È assolutamente importante educare i giovani verso il rispetto della natura già nelle ore di scuola, portandoli fuori a conoscere quello che è il creato e tutte le creature che ci vivono dentro, essere umano in primis. In Canada, già dall'asilo hanno delle ore dove i bambini escono per tirare la slitta, andare nei boschi. Loro lo chiamano experimental learning, cioè imparano dalle esperienze. Toccare con mano un albero, accarezzare un animale sono gli unici modi per imparare a rispettare l’ambiente e comportarsi di conseguenza, proprio come degli ospiti su questa Terra, piuttosto che padroni. Allora tutto è in equilibrio, anche l'essere umano che spesso è quell’ago della bilancia che sposta l’equilibrio verso il segno negativo.